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Covid-19: sotto osservazione le responsabilità degli amministratori

Covid-19: sotto osservazione le responsabilità degli amministratori, necessaria l’adeguata professionalità

fonte: www.commercialistatelematico.com - a cura di Vincenso D'Andò


Le funzioni dell’amministratore senza deleghe, senza specifici requisiti di professionalità previsti dalla legge, eccettuati i casi in cui sia lo statuto societario a prevederli, richiedano comunque una conoscenza adeguata delle attività svolte nello specifico dalla società e, più in generale, un’adeguata professionalità funzionale al corretto svolgimento dell’incarico. Anche se chiamato a compiti non esecutivi, come genericamente si definiscono quelli dell’amministratore senza deleghe, egli deve necessariamente conoscere in maniera adeguata la normativa che sovraintende al rito societario dell’impresa collettiva, non potendo esimersi dall’applicazione puntuale della medesima per il rispetto del principio di legalità, interesse primario del mercato e della società civile ed altresì, e non ultimo, con lo scopo di qualificare come soggettiva la propria responsabilità – in quanto derivazione diretta del proprio operato – piuttosto che oggettiva – per il solo fatto di ricoprire un ruolo cui la legge necessariamente attribuisce doveri e responsabilità.


Compiti e responsabilità degli amministratori privi di delega.

Le conseguenze da Covid19 si ripercuoteranno nel settore economico coinvolgendo gli organi della corporate governance societaria. La Fondazione nazionale dei commercialisti, il 30 aprile 2020, ha pubblicato un documento di ricerca denominato “Compiti e responsabilità degli amministratori privi di delega”. Detto documento è stato chiuso dal gruppo di lavoro nel periodo di avvio, purtroppo, del fenomeno pandemico in atto dovuto alla diffusione del Covid -19. Le conseguenze di questo fenomeno hanno, ed avranno, ripercussioni non prevedibili ex ante nel settore economico e coinvolgeranno necessariamente gli organi della corporate governance societaria ad ogni livello, ognuno nell’ambito della propria competenza a partire proprio dagli organi amministrativi sia individuali che collettivi, e quindi anche gli amministratori privi di delega, ai quali è dedicato il presente lavoro. Il dibattito dottrinale è avviato in esito anche ai primi provvedimenti governativi emanati e in corso di conversione ai quali le società si accingono a dare attuazione e sui quali si avrà occasione di ritornare.


Delega delle funzioni proprie del consiglio di amministrazione

Anche il diritto societario italiano ammette la possibilità di delegare le funzioni proprie del consiglio di amministrazione ad uno o più componenti dello stesso, tanto in termini individuali (amministratore delegato o, secondo l’acronimo più utilizzato su scala internazionale, il CEO) quanto in termini collegiali (comitato esecutivo). Da tale ripartizione di funzioni interne al consiglio di amministrazione discendono una pluralità di corollari rilevanti sotto il profilo giuridico, determinando una differenziazione delle posizioni, rispettivamente, dei consiglieri esecutivi, da un lato, e degli altri amministratori, dall’altro.


Questo modello di governance, adottato dalla maggioranza delle società di capitali, si caratterizza, sulla base di distinzione al suo interno tra amministratori deleganti ed amministratori delegati, per una ripartizione tra funzioni esecutive-gestionali e funzioni di indirizzo e valutazione. L’istituto della delega assolve tradizionalmente ad una duplice finalità. Da un punto di vista oggettivo, consente di realizzare una suddivisione dei compiti all’interno dell’organo amministrativo, garantendo in tal modo una maggiore efficienza gestionale. Sotto il profilo soggettivo, invece, permette di selezionare in seno al consiglio coloro che sono più esperti o comunque dotati di specifiche competenze e consolidate esperienze. In presenza di delega delle funzioni gestorie, il diverso ruolo degli amministratori deleganti e delegati si riflette sulla disciplina e sui presupposti della responsabilità. L’entrata in vigore degli artt. 375, 377, 378, 379 del d.lgs. n. 14 del 12 gennaio 2019, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155 (Codice della crisi), avvenuta lo scorso 16 marzo 2019, rappresenta l’occasione per tornare a esaminare le tematiche della responsabilità degli amministratori di società di capitali.


Obbligo di istituire l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato

L'art. 2086 c.c., come modificato dall'art. 375 del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, dal 16 marzo 2019, sancisce la regola in base alla quale tutti gli imprenditori che operano in forma societaria o collettiva hanno il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale. Ecco perché vengono fatte alcune riflessioni sulle interferenze tra la novellata disciplina di cui all'art. 2086 c.c. e quanto già previsto negli artt. 2381 e 2392 c.c. in ordine al dovere di agire in modo informato e all'obbligo di intervenire, per impedire fatti di gestione pregiudizievoli o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose che potrebbero derivarne, ricadente sugli amministratori; e ciò con l'intenzione di fornire alcuni suggerimenti per tradurre in concreta applicazione i doveri di iniziativa e di intervento degli amministratori privi di deleghe, in funzione di una corretta gestione societaria e imprenditoriale. Il documento, pertanto, oltre ad evidenziare le rilevanti novità che andranno a condizionare l'attività degli amministratori quando il Codice della crisi sarà vigente, ha rappresentato l'occasione per meditare in ordine ai rapporti tra organi delegati e amministratori privi di deleghe di società non quotate e non soggette a regimi di vigilanza. Il ruolo proattivo di tutti i componenti del consiglio di amministrazione, che è di effettivo supporto agli organi delegati per realizzare i menzionati obiettivi, assume nell'attuale momento della pandemia da Covid - 19, un valore insopprimibile per il governo della società e per la tutela degli interessi degli stakeholder.

Il documento della FNC, oltre all’evidenziazione delle rilevanti novità che andranno a condizionare l’attività degli amministratori quando il Codice della crisi sarà vigente, offre l’occasione per rimeditare sui rapporti e sulle dinamiche interorganiche tra organi delegati e amministratori privi di deleghe di s.p.a. non quotate e non soggette a un regime di vigilanza, ma anche di altri tipi societari, al fine di individuare una “policy” nello svolgimento delle attribuzioni che il codice civile assegna a questi ultimi e le conseguenti responsabilità che ne potrebbero discendere alla luce anche dei prevalenti orientamenti giurisprudenziali. Il modello di governance di riferimento è quello tradizionale basato sulla compresenza del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale, ovvero del sindaco unico di s.r.l..


Documento articolato in quattro i capitoli


Nel primo capitolo viene analizzato il ruolo degli amministratori privi di deleghe nel CdA. La struttura dell’organo amministrativo è uno degli elementi alla luce dei quali valutare gli assetti amministrativi della società: In tale prospettiva, viene auspicato che la dimensione ottimale del CdA sia determinata secondo un principio di proporzionalità che consenta di adattare il numero dei componenti alla realtà, alle esigenze, al settore e alla distribuzione delle partecipazioni della società. Un’adeguata composizione qualitativa e un’adeguata composizione quantitativa del CdA dovrebbero consentire un efficace funzionamento dell’organo in funzione della realizzazione dei principi di corretta amministrazione ed efficiente gestione della società nel perseguimento dell’oggetto sociale. Agli amministratori, anche privi di deleghe, l’ordinamento attualmente impone un atteggiamento che risulti improntato alla trasparenza, informazione, iniziativa, intervento e attivazione. Il secondo capitolo si focalizza sui poteri-doveri degli amministratori privi di deleghe richiamando le prerogative che loro spettano all’interno del CdA, anche in adempimento di obblighi a contenuto specifico finalizzati a garantire una corretta gestione della società, e le prerogative che sono loro accordate per tutelare i propri diritti. Spazio poi nel terzo capitolo agli assetti organizzativi, amministrativi, contabili adeguati ed i ruoli degli amministratori. All’art. 2381 c.c. che, a seguito della riforma organica del diritto societario, ha codificato per le s.p.a. anche non esercenti la propria attività in settori vigilati l’obbligo di istituire assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati alla natura e alla dimensione dell’impresa, hanno fatto seguito le recenti novità introdotte dal Codice della crisi. Si tratta di interventi normativi di una certa rilevanza, dal momento che, per un verso, principi e regole previste in passato unicamente per le s.p.a. sono stati estesi a tutte le società e che, per altro verso, l’ordinamento impone a queste ultime di dotarsi di protocolli organizzativi e informativi che risultino idonei a rilevare tempestivamente la crisi e la perdita della continuità aziendale. Infine, viene fatto il punto sulle responsabilità degli amministratori privi di deleghe che devono essere indagate in relazione al mutato quadro normativo di riferimento e alla luce dei parametri individuati nell’art. 2392 c.c. Nel quadro appena delineato appare evidente che le funzioni dell’amministratore senza deleghe, in assenza di specifici requisiti di professionalità previsti dalla legge – nella normativa di riferimento, infatti, non ve ne sono – e fatti salvi ancora i casi in cui sia lo statuto societario a prevederli, richiedano comunque una conoscenza adeguata delle attività svolte nello specifico dalla società e, più in generale, un’adeguata professionalità funzionale al corretto svolgimento dell’incarico. Non è tuttavia questa la sola conoscenza necessaria per lo svolgimento del ruolo esaminato nel presente lavoro. Si è visto, infatti, che la vita di un’azienda si snoda attraverso attività di amministrazione, procedure complesse a rilevanza esterna quali la redazione e pubblicazione del bilancio di esercizio, funzioni di controllo ove sia prevista l’esistenza di tale organo ed infine funzioni deliberative proprie dell’assemblea dei soci.


Nessuna responsabilità per chi ha fatto il proprio dovere

Seppur chiamato a compiti non esecutivi, come genericamente si definiscono quelli dell’amministratore senza deleghe, egli deve necessariamente conoscere in maniera adeguata la normativa che sovraintende al rito societario dell’impresa collettiva, non potendo esimersi dall’applicazione puntuale della medesima per il rispetto del già citato principio di legalità, interesse primario del mercato e della società civile ed altresì, e non ultimo, con lo scopo di qualificare come soggettiva la propria responsabilità – in quanto derivazione diretta del proprio operato – piuttosto che oggettiva – per il solo fatto di ricoprire un ruolo cui la legge necessariamente attribuisce doveri e responsabilità. Non vi è, e non vi deve essere, responsabilità quando si è operato nel rispetto della legge. I principi enunciati nelle conclusioni del presente documento devono porsi alla base di un meccanismo di “autovalutazione” non obbligatorio a livello societario, tranne nei differenti casi di società soggette a vigilanza e non trattati da questo documento, bensì individuale e necessario da parte dell’amministratore nella fase valutativa dell’accettazione della carica conferita.



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